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La meditazione sul Mahamantra: il nettare più elevato

Care devote,
Cari devoti,

Vi prego di accettare i miei rispettosi omaggi. Lodi e glorie a Shrila Gurudeva e Shrila Prabhupada!

Stamane, Shriman Matsyavatara Prabhu ci ha indotto a riflettere profondamente sul vero significato di meditazione, distinguendo tra presunte tecniche meditative per calmare la mente e ciò che realmente produce beneficio, rivolgendo il proprio sguardo interiore verso il Sé più profondo per raggiungere uno stato di pace, compassione e Amore per Dio, il creato e ogni creatura: 

“Tutti voi avrete sentito parlare dei benefici della meditazione, delle sue proprietà così prodigiose da influenzare persino la capacità funzionale degli organi e il benessere psico-fisico. Il potere delle tecniche meditative è talmente elevato da indurre alla prudenza quando se ne sente parlare, valutando attentamente cosa s’intende. Fraintenderne il significato, potrebbe vanificare ogni sforzo mentre pensando di meditare si sta facendo tutt’altro. In alcuni casi, potrebbe addirittura nascondere delle insidie, risultando pericoloso. Perciò, sento il dovere di richiamare la vostra attenzione su tali aspetti. Spesso vengono utilizzati termini errati per definire qualcosa in un certo modo, quando alla resa dei conti così non é. L’uso delle parole deve essere accurato, bisogna conoscerne il campo semantico e comprenderne a fondo il significato. I mistici di ogni tradizione e di ogni era hanno parlato delle prodigiose virtù della preghiera, giunte sino a noi. Per coglierne il senso, é fondamentale comprendere cosa s’intenda per preghiera. Altri ancora ci hanno decantato le virtù terapeutiche dell’ascolto, ma prima ancora dobbiamo capire cosa ascoltare. La stessa attenzione dobbiamo porla nei confronti dell’alimentazione, del cibo che scegliamo e di cui ci nutriamo. Dove cadono le nostre scelte? Su quello che più ci piace o su quello che fa bene alla nostra salute? Tra ciò che piace e ciò che fa bene vi sono differenze incolmabili, come suggerisce il buon senso e non solo. Stamane, ascoltando una lezione di Shrila Prabhupada, ho colto per l’ennesima volta un principio fondante, che non mi stanco mai di ascoltare e ripetere: nessuno può diventare cosciente di Krishna se non sviluppa il gusto per “tapasya”, quell’austerità intesa come propensione ad affrontare i disagi. All’inizio, una scelta austera può apparire ruvida e poco gradevole ai sensi, ma se scegliamo di soddisfare primariamente il nostro godimento sensoriale, è molto probabile che quella direzione sia opposta alla nostra realizzazione spirituale. Vi offro un esempio pratico, che facilita la comprensione: le prime ore del mattino – Brahma Muhurta – sono preziose per gli esercizi spirituali e la pratica di Hare Krishna Mahamantra. Coricarsi tardi alla sera e porsi l’interrogativo se svegliarsi presto o meno l'indomani per dedicarsi alla sadhana (disciplina spirituale) è già di per sé una predisposizione errata. Non dovremmo neanche porci questa domanda!

Ancor prima di dedicarsi al Canto del Santo Nome, dovremmo concentrarci e far confluire i nostri pensieri su Shri Krishna, piuttosto che lasciare la mente libera di svolazzare da un pensiero a un altro.

Se Dio non è al centro del nostro sentire più profondo, se non veniamo da Lui assorbiti, allora non è più meditazione. Le virtù della meditazione rimarrebbero scritte nei racconti di altri, senza mai realizzarle. La distrazione è un grande ostacolo; vikshipta in sanscrito equivale all’annebbiamento della coscienza, causato dalla tendenza della mente a perdere la concentrazione, a scorrazzare un po’ qui e un po’ là, paragonabile all'irrequietezza di una scimmia. Per sviluppare il nostro potenziale, dobbiamo imparare a gestire e concentrare i nostri pensieri, a dominare la mente anziché lasciarci da essa dominare. Poniamo che vogliate usare una lente d’ingrandimento per convogliare l’immane energia del sole attraverso i suoi raggi e svilupparne la proprietà termica. La lente andrebbe tenuta ben ferma, senza spostarla da destra a sinistra, altrimenti non otterreste nulla, alcun risultato. La mente funziona in ugual modo. Dobbiamo mantenerla stabile, concentrata, diversamente non combineremmo niente, se non una serie di errori che vanificano i nostri intenti. Quei rari momenti in cui riusciamo a mettere a fuoco la realtà divina, celata dietro il fenomenico, entriamo in relazione con Dio e consentiamo che avvenga una rivoluzione interiore: possiamo sentirci appagati come non mai, provare un’infinita dolcezza pervadere tutto il nostro essere, brividi di estasi scuotere le membra e lacrime di commozione scorrere nel riscoprire la nostra vera natura. Questo equivale a penetrare la dimensione del Reale. Il resto è tutta alienazione, frutto di una vacua vanità. Gli esseri umani si sposano e poi divorziano, possono avere successo nel lavoro e poi subire un fiasco, venire premiati e poi diffamati, risultando tutto vano, effimero, transeunte. Niente di tutto ciò fa parte della Realtà trascendente. Ma quando ci concentriamo ed entriamo in profondità di noi stessi, possiamo dialogare con l’Anima di tutte le anime, l’Anima Suprema, la nostra origine e matrice, e stabilire un contatto con Dio. Così, è possibile sperimentare un sentimento d’Amore sublime che irrompe in noi, inondandoci di beatitudine, e mentre lo accogliamo possiamo aprirci alla vita eterna.

In tanti hanno provato a misurarsi con le leggi della fisica e in altrettanti con le tecniche di meditazione. Per quest’ultima, in pochi sono consapevoli esistere una Scienza Sacra che insegna come ricercare e trovare la realtà superiore che risiede nel proprio cuore. Una scienza che sviluppa la facoltà di vedere con gli occhi dell’anima (atman) ed estendere la comprensione, ampliando la visione e aprendo nuovi orizzonti alla coscienza. Sviluppando il gusto superiore per la Realtà trascendente, tutto ciò che è inferiore risulta imperfetto e poco attraente. Non tutti sono però in grado di accedervi e quello che è auspicabile è incoraggiare chiunque sulla via della Bhakti, attraverso la conoscenza suffragata dal nostro esempio di vita. Per molti, la realtà tangibile è l’unica esistente, ma non deve essere ragione di sdegno, di critica altezzosa, consapevoli di quanto sia stato difficile il nostro percorso per abbandonarla e riorientare i nostri passi sul sentiero della devozione. Siate compassionevoli, offrite agli altri voi stessi come esempi viventi, attraendo per la vostra gioia di vivere, sorridere, danzare e cantare le glorie del Signore, pur sempre calati nell’esistenza quotidiana e facendo fronte alle responsabilità in modo concreto. Offrite un modello coerente di felicità e stabilità interiore, che sgorga dall’anima, anziché dalle membra del corpo. Impegnatevi costantemente nel Canto dei Santi Nomi, perché se non investiste le vostre energie in Dio, dove pensereste di investirle? Ricordatevi sempre che in questo teatro dell’esistenza incarnata nasciamo soli e ripartiamo da soli. Per dare senso alla nostra vita, è necessario porsi uno scopo supremo: coltivare la nostra relazione personale con Dio, quell’Amico a Cui elevare il nostro cuore e la nostra coscienza.” (Shriman Matsyavatara Prabhu)

In puro spirito di offerta,

Vostra umile servitrice

BalaRadhya dasi

 

 

 

 

 

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