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Lezione sul Natale

Villa Vrindavana, Natale 2011 - In questa giornata fredda d'inverno in cui si celebra il Natale, Shriman Matsyavatara das Prabhu è a Villa Vrindavana – come del resto fa ogni anno da oltre trent'anni - per tenere la lezione del mattino ed offrirci le sue realizzazioni in questa ricorrenza sacra. Questa volta sceglie di commentare gli shloka 8 e 9 del quarto capitolo della Bhagavad-gita. Già durante il viaggio Guru Maharaja ci offre un insegnamento che prego rimanga scolpito come su pietra nella mia coscienza:
“Offendere i devoti, i nostri benefattori, è il modo più pungente e lancinante per offendere Dio”.
Arrivati a Villa Vrindavana ci accolgono i devoti con il loro calore e ardore devozionale.
Le Divinità sono meravigliose più di sempre.

Matsyavatara das Prabhu:

“Oggi è un giorno speciale, in cui i cristiani adorano la loro Istha devata o Divinità prescelta, Gesù di Nazareth, che nel Bhavishya Purana è definito Yavana Acarya, il maestro, la guida spirituale di quei popoli che vivevano ad occidente.

Celebrazioni sacre come questa in cui si glorifica un Acarya o un Avatara, sono occasioni importanti per entrare in contatto con stati coscienziali più alti e vivere più intimamente la relazione con Dio, con una profondità che diventa immensa quando l'anima individuale percepisce la presenza, il profumo, lo splendore, il candore, la purezza dell'Anima suprema. L'Anima suprema che tutto illumina.

Il mondo tende invece ad oscurarsi. Specialmente nell'era di Kali questo mondo diventa progressivamente più buio, tenebroso, e Krishna promette di discendere personalmente o tramite i Suoi devoti per riportare la luce. La luce che è stata rubata, occultata dai malfattori, duskritinam o asura.

Con questi due termini la Bhagavad-gita indica le persone empie, ottenebrate, che non amano la verità, la compassione e sono caratterizzate da espressioni forti e violente nei confronti degli altri, con un agire duplice. Hanno amore solo per la ricchezza, il potere, la fama e li vogliono unicamente per loro. Questo li rende pericolosi, usurpatori della luce, mistificatori che spacciano l'illusione per realtà.

Goebbels, gerarca nazista e ministro della propaganda del terzo Reich, diceva: “Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità”. Così opera chi opprime l'umanità e la rende sofferente, povera spiritualmente e materialmente.

Con le sue manifestazioni divine Krishna interviene per aiutare i suoi devoti e le persone pie, per restituire la luce, per diffondere la buona novella quando è stata trascurata, sepolta, dissacrata, nascosta, velata, stravolta. Queste discese del Divino o di Suoi rappresentanti vengono definite nella letteratura indovedica con il termine “Avatara”.

Il mio impegno è volto a stimolare in me e anche in voi una maggiore attenzione verso ciò che rappresenta il nucleo essenziale di festività sacre come quella di oggi, in cui viene celebrata l'apparizione di un Acarya o di un Avatara.

Con la massima umiltà di cui sono capace, pongo alla vostra attenzione la bellissima definizione di Shri Krishna nella Bhagavad-gita (XIII.8-12), in cui il Signore spiega quali sono le caratteristiche salienti o qualità che risaltano in una persona santa e sulle quali ci dovremmo concentrare per ricordarne e celebrarne le glorie.

Karuna e kripa, compassione e misericordia, sono le qualità fondamentali che più di altre caratterizzano le manifestazioni di Dio e il carattere dei Suoi devoti. Dunque nei sacri Mahotsava dovremmo meditare principalmente su queste qualità e su quelle peculiari che maggiormente risaltano in quel determinato Acarya o Avatara che si sta celebrando.

Le qualità peculiari di Gesù sono il suo amore universale, il perdono, la compassione anche nei confronti dei propri aguzzini: “Perdonali perché non sanno quello che fanno”.

Shri Caitanya Mahaprabhu rinnova ed esalta questo insegnamento che esprime in maniera sublime nel suo Shikshastaka. Lasciamoci fecondare da questo insegnamento e pratichiamolo nella nostra vita. “Diventa più umile di un filo d'erba. Tollerante come un albero. Sempre pronto a valorizzare gli altri, senza aspettarti nulla in cambio.”

Si può raggiungere questo alto obiettivo attraverso conquiste graduali. Il campo di battaglia, l'arena in cui si scontrano forze avverse è dentro di noi, nella psiche. E' qui che lottano titani del bene e del male ed è qui che dobbiamo scegliere quale forza assecondare. Vincerà quella che noi nutriamo di più, verso la quale rivolgiamo la maggiore attenzione.

La vita incarnata è una serie di disgrazie infinite e la morte ci segue come un'ombra. Dopo i primi decenni in cui percepiamo il corpo come uno strumento per godere, poi si svela la cruda realtà dell'incarnazione e quel corpo diventa sempre di più una camera di tortura. Per questo ora più che mai, che ancora abbiamo forze e intelligenza per concentrarci sulla soluzione vera dei nostri problemi esistenziali, è fondamentale riflettere sul vero significato della vita e su come fare per realizzarlo. Celebrazioni sacre come quella di oggi ci aiutano ad avvicinarci ad esso. Più che mai in queste occasioni dovremmo stare lontano da quel chiasso che ci distrae, da orpelli decorativi non essenziali, dai discorsi inutili, dalle vanità, e ancor più da ogni forma di violenza. Che anche il cibo di cui ci nutriamo sia espressione di compassione e di misericordia. Leonardo da Vinci scrisse: “Verrà un giorno in cui uccidere un animale sarà considerato un delitto come uccidere un uomo”.

Shrila Prabhupada quando è venuto in occidente ci ha insegnato cosa mangiare, come cucinare, come offrire il cibo. Perché il nostro impegno dovrebbe essere quello di mostrare compassione e dare sollievo a chi soffre, che dire dunque uccidere una creatura! Anche noi siamo creature (non creatori!), proprio come gli animali. E' per questo che li dovremmo considerare come nostri fratelli e sorelle, cari compagni di viaggio. E' per questo che dovremmo impegnarci a non ferire nessuno, badando bene alle nostre azioni, ai pensieri e alle parole che pronunciamo. Che non escano dalla nostra bocca parole roventi, acide: sarebbe come tirare in faccia a qualcuno dell'acido al vetriolo, anzi: quelle parole deturpano più di un acido chimico, perché un'offesa che entra nel cuore è più difficile da tirar via di una freccia che si conficca nella carne. Pensiamoci almeno 7 volte prima di pronunciare una parola offensiva e non solo: 7 volte 7, e poi asteniamoci dal farlo. Con la pratica spirituale costante potremo gradualmente imparare ad arginare i nostri urti emotivi e a tenere sotto controllo la mente, perché è la mentalità offensiva che produce parole e atti della medesima natura.

La vita umana è spesa bene quando attualizza le virtù nelle quali crediamo. Per farlo occorre l'acquisizione di conoscenza ma, affinché essa si trasformi in sapienza è necessaria la pratica. Chi non si dedica alla disciplina spirituale non potrà navigare verso la perfezione. Diventerà piuttosto un naufrago nelle acque torbide dell'ego.

Gli ostacoli possono insorgere in ogni momento. Persone care che ci voltano le spalle, o persone care che se ne vanno da questo mondo e noi non abbiamo più la possibilità di beneficiare della loro compagnia e del loro modello evoluto. Se non abbiamo praticato abbastanza, cominceremo a girare su noi stessi per poi affondare.

La pratica spirituale comprende anche la celebrazione delle ricorrenze sacre, perché la riflessione sui particolari insegnamenti di quell'Avatara o di quell'Acarya ci aiuta a procedere nella marcia verso la perfezione, talvolta faticosa e talvolta entusiasmante.

A prescindere dal nome dell'Avatara che celebriamo, l'importante è ricordarlo nelle sue qualità intrinseche, che possono essere per noi un modello da seguire. Seguire e non imitare, perché le circostanze esteriori cambiano e possono risultare necessari degli adattamenti formali che non intaccano la sostanza del messaggio.

Chiediamoci: siamo sicuri che stiamo celebrando il nucleo spirituale di questa festività?

Oggi dovremmo celebrare la compassione, la misericordia, la tolleranza, il perdono, l'umiltà autentica. Solo così procediamo verso param gatih, l'obiettivo supremo. Verso l'Infinito, l'Assoluto.

Che la festa non sia solo oggi. Che lo sia sempre, a prescindere da quel che accade all'esterno o dalle luminare nelle strade. Che l'offerta di lode e di gratitudine diventi la modalità e la frequenza del nostro cuore.

Un augurio col cuore a tutti coloro che oggi celebrano la compassione, la misericordia, la pace, la risoluzione dei conflitti, la pratica delle virtù. Che il nostro impegno sia quello di portare agli altri il meglio della nostra esperienza di vita per poterlo condividere con chi ne ha più bisogno".

La lezione prosegue con la risposta ad un approfondimento richiesto sul seguente tema: cosa vuol dire conoscere le manifestazioni divine nella loro essenza di verità?

Chi ha piacere di approfondire, può ascoltare la registrazione dell'intera lezione ed anche altre che sono state tenute negli anni da Shriman Matsyavatara das Prabhu in occasione del Natale e che potete trovare in un'unica raccolta.

Con affetto, tanti auguri a tutti di Buon Natale!

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